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Come si sà giunti in Aspromonte, nel corso della battaglia, Garibaldi fu ferito ad una gamba.
Disteso sotto un albero , pallido ,un infermiere tentava di fermare il sangue che copiosamente usciva dalla ferita.
Gli uomini e le donne intorno a lui si erano accosciati con le loro armi e un senso di cupa disperazione aleggiava tra di loro.
Anche Rosolino Pilo era abbattuto nel vedere Garibaldi in quelle condizioni.
Garibaldi sentì quella cupa disperazione nell’animo dei suoi uomini e volgendo lo sguardo intorno a sé vide Giacomino.
Era egli un diciassettenne che lo seguiva , combattendo coraggiosamente , fin da Marsala.
Garibaldi gli si rivolse:”Tu che ne pensi, Giacomino?”.
Giacomino arrossì fin sulla punta delle orecchie , fece un balzo indietro come se lo avessero colpito al petto.
Si fece coraggio e quasi urlò: “Generale , si semo ‘rivati finaccà vivi, vaadiri chiamaaghiri chiavanti.”
Garibaldi si volse verso Rosolino, che qualcosa capiva di quel barbaro dialetto, e Rosolino tradusse: “Dice Giacomino che se siamo arrivati fino a quà vivi vuol dire che dobbiamo andare più avanti”.
Garibaldi si alzò allora in piedi, faticosamente aiutandosi con un bastone, e disse: “E così faremo !”.
E diede gli ordini.