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Dal Post on line del 11/10/21.
Il cimitero dei sottomarini nucleari russi
Si trova vicino al mar Glaciale artico e risale alla Guerra fredda: è molto pericoloso e ci vorranno operazioni lunghe e costose per smantellarlo
«Una Chernobyl a rallentatore sul fondo marino»: il Barents Observer, giornale online specializzato nella regione artica, ha definito così il deposito di sottomarini nucleari russi tra il mare di Kara e il mare di Barents, a sud del mar Glaciale artico. Per decenni la Russia ha utilizzato queste aree come luoghi di scarico per le proprie scorie nucleari, e sul fondo di questi mari ci sono due sottomarini a propulsione nucleare ancora intatti, oltre a una decina di reattori riempiti di combustibile nucleare. Questo cimitero nucleare subacqueo è molto pericoloso: la corrosione dei reattori lasciati sott’acqua potrebbe provocare grosse perdite di materiale radioattivo e contaminazioni pericolose sia per la fauna e la flora marine che per le persone.
Di sottomarini nucleari si è tornato a parlare di recente dopo la firma del patto militare anti-Cina noto come AUKUS (acronimo di Australia, United Kingdom e United States, i paesi che ne fanno parte): il patto prevede la dotazione di questi mezzi all’Australia, che diventerebbe il settimo paese al mondo a possedere sottomarini a propulsione nucleare.
I sottomarini nucleari sono un’arma molto sofisticata e strategicamente rilevante. Si chiamano così perché utilizzano motori alimentati da uno o più reattori nucleari, che li rendono molto più potenti e veloci e meno intercettabili dei sottomarini alimentati con carburanti convenzionali. Sono tra le armi più costose che esistono e sono enormi: pesano migliaia di tonnellate e sono lunghi quanto un piccolo grattacielo (quanto il Bosco Verticale di Milano, per capirci, o fino a quattro volte la Torre di Pisa).
La Russia è uno dei paesi che possiede più sottomarini nucleari, e fu anche tra i primi a dotarsene. Lo fece soprattutto durante la Guerra fredda, quando sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti misero insieme due enormi flotte di sottomarini nucleari – circa 400, tra tutti e due – da usare soprattutto con funzione deterrente: non per attaccare direttamente il nemico quindi, ma per scoraggiarlo ad agire per timore della reazione.
La Guerra fredda non sfociò mai in un conflitto aperto, e tutti quei sottomarini rimasero quindi un’arma silenziosa sul fondo del mare: la Russia li teneva parcheggiati soprattutto vicino al mar Glaciale artico, benché ne avesse disseminati altri anche altrove, vicino alla Corea del Nord e nel mar Baltico.
Con la fine della Guerra fredda e il crollo della cosiddetta “cortina di ferro” si pose quindi il problema di cosa fare di tutti quei sottomarini, anche perché, oltre a essere molto costosi e a richiedere un personale altamente specializzato, i sottomarini nucleari non sono molto longevi, e dopo circa 20 o 30 anni cominciano a essere meno performanti.
Già durante la Guerra fredda, poi, c’erano stati incidenti con perdite di materiale radioattivo e ci si era posti il problema di come fare a dismettere i sottomarini più vecchi.