L’individuo inconscio ed inconsapevole di sé rappresenta continuamente nella realtà del mondo attraverso i suoi comportamenti, le sue idee, le sue fobie e manie , ecc., ecc. i propri bisogni inconsci.
Tecnicamente si definisce tutto ciò un “AGIRE”.
Cioè fare una cosa per rappresentarne un’altra che non si riesce a realizzare dentro di sé stessi, nella propria evoluzione e crescita psichica.
Ma il cosiddetto agire, il fare una cosa “fuori” apparentemente al posto di un’altra che non si riesce a fare “dentro”, non riguarda solo gli individui inconsci cristallizzati al loro imprinting infantile il quale a suo tempo ha paralizzato il loro processo di crescita psichica.
L’agire riguarda e coinvolge anche coloro che sono impegnati, in consapevolezza o meno, in un loro processo di crescita psichica.
Coloro cioè che vanno in terapia, coloro che fanno terapia didattica, coloro che sviluppano autonomamente , in consapevolezza o meno, un loro processo di crescita psichica.
Ogni volta che si viene investiti nel bisogno di agire , di rappresentare nella realtà con i propri comportamenti un qualche significato psichico la domanda è sempre la stessa :
Ma l’agire è necessario al processo di crescita psichica ?.
Quando si sente il bisogno di agire bisogna assecondare questo bisogno e comportarsi di conseguenza (salvo poi cercare di comprendere il senso di quel comportamento) oppure bisogna frenare in sé quella pulsione all’azione ?.
Dopo molto tempo e dopo molte domande senza risposta personalmente sono arrivato alla conclusione che l’agire è non solo funzionale ma è anche indispensabile al procedere , all’avanzare del processo di crescita individuale.
E perciò non sarei tanto d’accordo sul principio , molto in voga in talune filosofie orientali, “della azione della non azione”.
Si deve invece controllare il bisogno di agire , agire quando diventa indispensabile farlo e quindi cercare di capire il significato che quella azione ha rappresentato nella realtà del mondo.
Per molto tempo mi sono chiesto che cosa significasse per C.G. Jung il fatto di costruire ed aggiungere periodicamente nuove stanze , nuove torrette alla sua villa di Bollingen sul lago di Zurigo.
E mi sono chiesto anche se Jung abbia mai cercato di comprendere il senso di quel suo bisogno che si traduceva in quel comportamento che si sviluppava parallelemente al suo processo di crescita psichica.
Costruendo nuove sezioni alla casa realizzata su suo progetto , la cosiddetta “ torre di Bollingen”, Jung tentava di rappresentare al mondo il progresso del proprio processo di crescita ed il progressivo ampliamento della propria coscienza di sé.
E questo agire non era perciò vano, non era l’inutile soddisfacimento di un bisogno, ma era funzionale al quel processo.
Entra qui in gioco il fenomeno della sincronicità.
Realizzare in sé stessi un processo di crescita , integrare nella propria coscienza sempre nuovi significati nella coscienza così come rappresentati dai simboli onirici, operare la trasformazione dei contenuti dell’inconscio in significati mutageni della coscienza, non può restare un processo solo individuale e in un certo senso “segreto”.
E’ invece necessario che ad ogni nuova acquisizione di significati dai contenuti dell’inconscio corrisponda un fenomeno sincronico nella realtà del mondo.
Cioè è necessario che l’individuo agisca un qual certo comportamento allo scopo di rappresentare in quella realtà lo stesso significato, originariamente, che egli ha integrato nella propria coscienza.
Jung continuava ad integrare in sé sempre nuovi significati del suo inconscio e perciò ampliava continuamente la propria coscienza di sé.
Contestualmente rappresentava al mondo, grazie alla costruzione di nuovi ampliamenti alla sua torre originaria , quell’ampliamento interiore, quel suo continuare a crescere psichicamente.