7/4/09
Il rapporto tra ricerca e scienza ufficiale.
Il rapporto tra ricerca e scienza ufficiale (ma sarebbe più opportuno dire tra ricerca e teorie consolidate) spesso è lo stesso che intercorre tra una coscienza sclerotizzata , schermata da potenti mura di pietra, ed i vitalissimi contenuti dell’inconscio.
La prima (la scienza ufficiale, la coscienza sclerotizzata) si difende in ogni modo lecito e no dalla innovazione, dal mutamento di cui la ricerca è portatrice.
Se ne difende disperatamente in quanto è terrorizzata da ogni possibile mutamento.
E’ pur vero che la difesa delle teorie sclerotizzate è la difesa che di esse fanno le baronie consolidate che difendono quelle teorie allo scopo di difendere i loro ambiti di potere.
La ricerca e la innovazione , quale che sia il campo nella quale si sviluppa, ha perciò vita difficile.
La psicoanalisi non fa differenza in ciò.
Anzi è un settore nel quale la ricerca e la innovazione teorica hanno vita ancora più difficile.
Un giovane scienziato, un fisico, può elaborare una nuova teoria e portare a sostegno di essa delle prove scientifiche verificabili in ogni corrispondente ambito strumentale.
Ma che prove possono portarsi a sostegno di una nuova elaborazione teorica in psicoanalisi quando quella elaborazione è fondata esclusivamente sulle interpretazioni simboliche e sulla intuizione soggettiva ?.
E dall’altra parte come difendersi altrimenti dai mitomani e dai psicopatici che credono di essere grandi scienziati oppure grandi psicoanalisti?
Si comprende allora l’immane sforzo di C. G. Jung che ha tentato con una monumentale ricerca sui simboli di molte culture e di ogni regione di dimostrare (starei per dire disperatamente) l’enorme importanza del simbolismo non solo nella vita individuale di ciascuno ma perfino nella vita sociale e nella vita delle nazioni.
Molto più facile è ovviamente fermarsi “alla superficie dell’arancia” senza grattarla per guardare cosa c’è sotto.
Molto più facile allora fermarsi alla psicologia piuttosto che avventurarsi nell’analisi del profondo.
Del proprio profondo e del profondo degli altri.
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