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Se uno ha male al ginocchio si suol dire che "è affetto" dal male al ginocchio.
Se ha mal di pancia si dice "che è affetto" dal mal di pancia.
Come a dire che l'affetto è quasi sinonimo di dolenzia !!??.
Oppure:
E se quei sintomi rappresentassero qualcos'altro, significassero qualcosa?.
Se uno è affezionato alla bici, al primo amore finito da decenni, al gioco del lotto, al fumo delle sigarette ecc. si comprende subito che costui ha nei confronti di quegli oggetti una dipendenza, una dipendenza affettiva.
E le dipendenze non sono MAI una buona cosa.
L'area di coscienza che sviluppa l'affezione verso l'oggetto, che ha un affetto per esso, vede l'oggetto come un sostituto simbolico del Sè o di un qualche aspetto del Sè.
E l’oggetto diventa una protesi del falso sè, una stampella.
Inoltre a causa di tale affezione quella coscienza non può integrare in sé stessa lo specifico significato del Sè dell'individuo, significato che le è geneticamente destinato.
Che è geneticamente destinato proprio a quella specifica area di coscienza.
Significato che, se ivi integrato, cortocircuiterebbe lo stesso identico significato che in quell'area di coscienza, e non in altre, è geneticamente innato.
Anche il transfert ed il controtransfert talora generano "affezione".
L’individuo si affeziona a colui o a colei dal cui inconscio ha ricevuto informazioni transferali o a colui o a colei dalla quale, la sua coscienza, ha ricevuto informazioni controtransferali mutagene.
L'analisi del transfert e del controtransfert scioglie i nodi di dipendenza e rende disponibili le aree di coscienza corrispondenti a nuove avventure: Alla integrazione di nuovi significati del proprio Sè.
(scritto il 1/7/23)