.      

omissis

Nel caso dei tormentoni, come ricordato dal neuroscienziato e psicologo cognitivo statunitense Daniel Levitin nel libro This is Your Brain on Music, le persone mantengono in mente tutti i principali aspetti di quelle canzoni. In alcuni studi condotti negli anni Novanta, Levitin scoprì che pezzi pop molto famosi venivano tendenzialmente ricantati dalle persone intervistate – non musicisti – sia con il tempo corretto che nella giusta intonazione, anche relativamente a dettagli come gli acuti «ee-ee» di Michael Jackson in “Billie Jean” o gli «hey!» di Madonna in “Like a Virgin”.

La loro memoria non conteneva soltanto una «generalizzazione astratta» della canzone ma anche le sfumature. Riascoltando le loro voci insieme alle canzoni originali che stavano cantando, scrive Levitin, si aveva l’impressione che quelle persone stessero ascoltando le canzoni in cuffia mentre provavano a ricantarle. Solo che quella loro base era virtuale: non era cioè uno stimolo sonoro concretamente presente ma una «rappresentazione della memoria sorprendentemente accurata».

Studi citati da Levitin e condotti dal neuroscienziato cognitivo statunitense Petr Janata nei primi anni Duemila permisero in seguito di cogliere e descrivere importanti meccanismi neurali alla base della percezione della musica. Analizzando le onde cerebrali nel sistema nervoso centrale di persone che ascoltavano la musica e di altre che la riproducevano mentalmente, Janata scoprì che a giudicare soltanto dai dati ricavati tramite elettroencefalogramma sarebbe stato quasi impossibile evincere quali persone stessero ascoltando la musica e quali la stessero immaginando soltanto.

Come confermato da successivi studi condotti utilizzando anche altri strumenti, tra cui le risonanze magnetiche funzionali (fMRI), le stesse regioni del cervello tendono ad attivarsi sia quando le persone ascoltano un certo motivo musicale, sia quando quel motivo risuona loro in testa in assenza dello stimolo uditivo.

Nella letteratura scientifica non esiste una spiegazione univoca delle immagini musicali involontarie, o earworm, e della loro funzione. Una delle ipotesi, sostenuta peraltro da Levitin, è che si verifichino quando i circuiti neurali associati alla rappresentazione di un certo motivo musicale restano bloccati in una sorta di «modalità playback» ,in uno studio recente di Janata suggerisce che queste immagini musicali potrebbero rendere più semplice per il cervello codificare e analizzare ricordi e sensazioni quotidiane che non hanno a che fare con il passato,

Ear worm o immagini musicali involontarie (6).

con il momento in cui quelle immagini si sono formate. La ripetizione mentale involontaria di quella musica sarebbe cioè uno strumento utilizzato dal cervello durante la formazione di nuovi ricordi, per migliorare la memorizzazione di nuove esperienze che vengono accidentalmente associate a quelle immagini musicali.


 

Torna alla home pageTorna alla pagina indici Ottobre 2022