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Vanidduzza.

La prima dice di uno stretto e breve vicolo, umido e fangoso, sul quale si affacciano una stalla, alcune povere case ed un magazzino di mangimi per animali.

Un piccolo mondo di poveri che congiunge un quartiere povero ad un altro.

Nel negozietto di mangimi una donna scarmigliata si affanna.

Il suo uomo, uno grande e grosso, è completamente cieco.

E forse per la rabbia feroce di essere da quella donna totalmente dipendente ogni tanto sbarra la porta del piccolo magazzino ed “alla cieca” abbranca la donna per bastonarla.

E le urla invadono quel budello di misera.

 

Vaniddazza.

È una trazzera fangosa che attraversa il retro delle case del quartiere,  tra di esse ed un alto muro che delimita un immenso podere.

Ben poche case si affacciano su tale stradone e nessun passante.

Per una sua brutta inspiegata fama.

Dallo stradone le traverse partono e vanno nel quartiere.

Trazzera molto lunga la quale, abbandonando le case ed il quartiere, si inoltra nei campi sempre accompagnata su un lato dalla possente muraglia.

Fino a giungere al grande profondo canyon, scavato dal fiume.

Spiando incerti al di sopra della muraglia campi infiniti, luminosi  ed erbosi .

E lontano cavalli liberi al pascolo.

Giù per il vallone, fiume lento e sinuoso ormai prossimo al mare.

Lungo i lati del vallone oscure grotte e caverne, misteriose dalle tante leggende sempre cruente.

Scendendo dentro il vallone, a metà della grande scarpata, una cascata precipita dall’alto in una forra, una ferita profonda ed oscura,  per scomparire poi nel fiume.

Ed ai piedi del vallone, quasi sul fiume ormai che si intravede lento e grigio, una sorgente sbuca tra le erbe e la menta per potervisi dissetare.

                  .                                              (scritto il 4/5/24)

 

 

 

 

 

 


 

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