L’altro giorno faccio una lunga chiacchierata con G. , laureata in ingegneria , che fa con molta dedizione il suo lavoro di ingegnere.
Con tanta dedizione che la chiacchierata è in realtà un lunghissimo monologo nel corso del quale mi racconta con dovizia di particolari il suo lavoro di ingegnere.
Una valanga, un fiume di parole ed alla fine l’ascoltatore si sente stremato.
Ed alla fine di questa chiacchierata/monologo la domanda che mi gira in testa è: Ma dov’è il cuore di questa donna, dov’è la sua anima ?.
La notte successiva faccio un sogno:
“Sono in una caserma e c’è un sottufficiale che urlando punta la pistola .L’altro non lo vedo tutti si rifugiano , alzano le mani. Entro in casa cerco di fare il numero della polizia sul telefono ma mi impappino faccio un altro numero, faccio il 333 ecc. finchè riesco ad avvisare la polizia, non si sa come va a finire .L’altro entra in una casa, entra da una parte ed in questa lunga fila di casette basse entra da una parte e va fino in fondo alla serie di casette.”
Ed il sogno conferma la minacciosa iperazionalità di quella coscienza (la caserma) che ha schiacciato l’inconscio ed i suoi contenuti , in fondo, molto in fondo.Schiacciato da una grande quantità di stratificazioni concettuali (la lunga fila di casette basse) nonchè protesi del falso sé.
(Una curiosità: Nel sogno compongo al telefono il numero 333 ed al risveglio sono esattamente le tre e trentatre. L’interiore orologio bio/psichico è assolutamente sincronizzato con il tempo reale.)
Riflettendo sul sogno interviene anche la pietà : questa donna giunta alla metà della sua vita avrebbe proprio bisogno di qualcuno che l’aiutasse a ritrovare sé stessa, la propria affettività, i propri sentimenti , la sua stessa vita sepolta da un cumulo di sterilità.