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Essi nelle loro, a volte, mortali ma sempre tragiche vicissitudini rappresentano oggi il nuovo popolo ebraico, i nuovi ebrei che fuggono dai vari inferni dei loro paesi verso una nuova auspicata terra promessa.
Sfuggono dalla schiavitù della miseria e dal terrore dei conflitti invocando un loro nuovo mosè che apra per loro i mari e le frontiere ed i varchi di filo spinato a loro ostili.
E molti di coloro, che invece dovrebbero accoglierli, operano contro di loro o sperano per loro, forse senza nemmeno rendersene conto, una nuova shoah, un nuovo sterminio.
Cercano quei migranti una nuova sponda e forse inconsapevolmente la vedono come una nuova frontiera e vivono la loro vicenda, sempre terribile, come gli antichi ebrei hanno vissuto la fuga dall’Egitto, la traversata del deserto, l’attraversamento del mare e l’approdo sulla terra promessa.
Una tragica rappresentazione infine, come l’antica vicenda mitologica del popolo ebraico, di un processo di crescita psichica, che fin troppo spesso per loro, si conclude con la tragedia.