.
26/8/06
Era nato, e non per colpa sua, in una città del profondo Sud. Il quale sfornava ogni anno centinaia di diplomati e di laureati.
Ma no, non per sviscerato amore verso la cultura ma per mancanza di impieghi e di lavori per i giovani.
E per i meno giovani.
Il tempo speso, il tempo perso per il diploma, per la laurea erano perciò un modo per parcheggiarsi in attesa di un improbabile lavoro.
Che di solito non arrivava mai.
Gerundio non fece eccezione a questo stile di vita ed una volta diplomatosi percorse tutte le cappelle dei vari parenti e conoscenti nella speranza di trovare un qualche appiglio, una qualche raccomandazione che lo aiutasse a trovare il tanto agognato lavoro.
Un giorno sua nonna si ricordò di conoscere un ingegnere capo dell’Acquedotto Comunale.
Non si capiva e nessuno si chiese come facesse, lei vecchietta praticamente analfabeta, a conoscere quella che sembrava agli occhi dei ragazzi disoccupati una tra le massime autorità del creato.
E così una mattina, Gerundio giacca e cravatta di rito, si presentarono all’ingegnere capo dell’acquedotto.
Dopo i convenevoli la nonna perorò, implorò, esagerò meriti e cultura.
L’ingegnere ascoltò paziente.
Rimase in silenzio un istante e poi cominciò a parlare.
Fece dapprima una domanda, che se Gerundio l’avesse capito allora l’avrebbe definita una domanda retorica: Ma voi lo sapete perché gli inglesi hanno colonizzato mezzo mondo?
Di fronte agli sguardi ebeti del ragazzo e di sua nonna l’ingegnere si rispose da solo:Perchè gli inglesi non sono attaccati alla famiglia come noi.
Poi affabulò vaghe promesse, parlò di domande, di concorsi, di graduatorie e ci salutò.
Uscendo sia Gerundio che la nonna non capirono bene cosa fosse successo.Aveva promesso qualcosa? Si era impegnato in qualche modo?
E soprattutto che cacchio c’entravano gli inglesi e l’attaccamento alla famiglia?.
Passarono i mesi senza alcuna speranza di trovare un lavoro ed infine Gerundio partì militare per la Marina e concluse il suo servizio in una grande città del Nord dove trovò finalmente un lavoro.
Ormai uomo ogni tanto gli ritornava in mente il discorso dell’ingegnere capo e non gli riusciva di capire che cavolo avesse voluto dire.
Gli sembrava un discorso a schiovere anzi peggio: un modo per sfottere.
Successe un giorno, ed erano passati ormai due decenni da allora, che all’improvviso a Gerundio venisse in mente il senso di quel discorso.
Quell’accidente di ingegnere con la sua metafora (perché questo era il discorso da lui fatto) aveva voluto dire che gli inglesi non essendo attaccati alla famiglia si allontanavano spesso e volentieri dal luogo nel quale erano nati e dove erano stati cresciuti dalle loro famiglie e potevano così andare dappertutto nel mondo e colonizzarvi nuove terre, nuove nazioni, perfino nuovi continenti.
Ma cosa c’entrava con Gerundio e con il suo essere disoccupato quella metafora?
Ma era così evidente!.
L’ingegnere aveva voluto far intendere ai due questuanti che era tempo perso andare in giro a rompere i marroni agli ingegneri capi per pietire un lavoro che non c’era.L’unica era mollare tutto e tutti ed il lavoro andare a cercarselo fuori.
Fuori da quella città, fuori da quella regione.Se necessario fuori da quella nazione, fuori da quell’emisfero.
L’ingegnere era evidentemente di testa fina .E aduso ad un linguaggio un po’ più articolato , un po’ più evoluto, di quello che Gerundio aveva imparato sulla strada ed a scuola e che si articolava in una sequenza di “minchia!” e “che sticchiu” dettata più dalle tempeste ormonali in atto che dalla cultura acquisita.
E volendo far capire e non far capire, dire e non dire, rifiutare un aiuto che forse non poteva dare ma senza offendere nessuno, era ricorso alla metafora.
Gerundio ci aveva messo più di vent’anni per capirne il senso.
Ma pur senza capirne il senso già vent’anni prima ne aveva messo in pratica il significato nello stesso momento in cui aveva lasciato per sempre, senza alcun rimpianto, senza nessuna nostalgia, la sua famiglia, la sua città, la sua regione.