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22/4/10

Era nei suoi indistinti sogni fin dall’adolescenza. Un posto che fosse sicuro, in cui egli fosse sicuro, assolutamente sicuro.

Guadagno i suoi primi soldi , diversi soldi, prima dei trent’anni.

Trafficando, compiendo con piccole truffe e astute furbate.

Li spese subito nella fortezza che aveva in mente.

Negli anni quel sogno indistinto di adolescente aveva preso forma nella sua mente ed ora, seppure in parte, prendeva forme sul terreno.

Grosse e spesse mura, porte blindate, muraglioni.

In alto sulla cima della collina che sovrastava il paese.

Prima dei trentacinque anni aveva già rinforzato le mura due volta , aveva aggiunto torrioni e feritoie.

Aveva sostituito con portoni ben più pesanti le prime porte blindate.

Accumulava ancora denaro.

Trafficando, truffando, corrompendo.

Ed ad ogni guadagno il suo pensiero elaborava nuove mura, nuovi blindature, nuovi torrioni.

L’opera era ormai gigantesca ma per lui sempre incompleta.

Nel paese la rimiravano dal basso affascinati ed insieme spaventati per quel colle che appariva sempre più tetro.

Nelle cantine della fortezza intanto, in una fessura umida, un piccolissimo uovo di larva si schiuse e con il caldo nacque una piccolissima farfalla.

Svolazzò di qua e di là e attraverso una fessura di una pesante porta di legno cominciò a volare tra i saloni della fortezza.

Dopo qualche anno, intanto, una nuova e più possente cinta muraria si era aggiunta alla precedente e non si sa come la piccola farfalla si tramutò in un passero.

Il quale cominciò a svolazzare tra le travi di ferro del soffitto alto e buio.

Una estate Albornoz passeggiava nel salone d’onore pensando a nuove torri , a nuove blindature, a nuovi fossati.

L’aveva sempre detto:Non voglio essere disturbato, non voglio essere inquietato da nulla.Non voglio che nulla mi turbi.

Voglio essere sicuro a casa mia.

Il passero appollaiato su una trave del soffitto lo vide passare .

Non si sa come si trasformò di colpo in un falco.

Si precipitò giù dalla trave in picchiata e con gli artigli, con un colpo solo, strappò gli occhi all’Albornoz.

Quegli occhi con i quali egli si era sempre rifiutato di guardarsi dentro, di guardarsi dal nemico che temeva più di ogni altra cosa: sé stesso

 

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