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7/4/11

Il rimorchiatore di alto mare in dotazione alla Capitaneria di Porto di Montelusa in quel periodo usciva anche tre volte al giorno allertato dai continui arrivi di barconi che tentavano la traversata del Canale di Sicilia in fuga da guerre e povertà.

Carmelo era marinaio di seconda imbarcato sul rimorchiatore Italia8 e aveva passato la sua settimana di imbarco quasi sempre fuori dal porto.

Quando arrivava l’allarme radar uscivano e si dirigevano verso il barcone stracarico che ballonzolava tra le onde .Si mettevano sopravento per dare un minimo di protezione ai migranti ed alla loro precaria imbarcazione e li accompagnavano al porto più vicino.

Carmelo aveva oramai ben imparato a riconoscere nei visi degli uomini e delle donne trasportati dai barconi i segni della paura e del terrore  che accompagnava tutto il loro precario viaggio.

Una venerdi notte scattò ancora l’allarme radar.

Il mare era più grosso del solito ed il rimorchiatore appena superate le bocche di porto cominciò a ballare alla grande.

Tutti gli uomini imbarcati sul rimorchiatore capirono subito che quella non era una uscita come le altre.

Al largo ci sarebbero stati guai grossi per il barcone che si trovava a venti miglia dalla costa. Dopo un’ora lo intravidero nella semioscurità che ballava come un turacciolo tra le onde. Lo raggiunsero e  si misero sopravento per accompagnarli a salvamento.

Si capì però subito che le cose non sarebbero andate come al solito.

Gli uomini e le donne imbarcate sulla loro precaria imbarcazione erano in preda al panico e non governavano più la scialuppa. Alcune donne urlanti sollevavano i loro bimbi per farli vedere al rimorchiatore e urlare così la maggiore urgenza del loro intervento.

Il barcone si avvicinava talora pericolosamente al rimorchiatore ed altrettanto velocemente si allontanava trascinato dalle onde.

Gli uomini del rimorchiatore urlavano a quelli del barcone di stare calmi ma nemmeno loro sapevano cosa fare.

Mentre il barcone si avvicinava per l’ennesima volta al bordo del rimorchiatore con uno scricchiolio sinistro esso si spezzò in due e tutti furono sbalzati in acqua.

Non si sa perché ma Carmelo notò subito una donna che alzava il figlioletto dalle acque per non farlo affogare mentre lei andava ripetutamente sotto ed ogni volta affiorava sempre più stremata.

Carmelo si buttò in mare e con due o tre bracciate raggiunse la donna ed il bambino.

Non appena lo intravide la donna gli lanciò quasi il bambino.Egli vide della donna solo gli occhi nerissimi e profondi. Non sapeva cosa avesse letto egli in quegli occhi tanto intenso era stato quello sguardo.

Mentre con un bracciò si teneva a galla Carmelo sentì la presa della donna sulla sua spalla. Nuotando alla meno peggio raggiunse la rete di corda che i marinai avevano steso sulla fiancata del rimorchiatore e con l’aiuto dei suoi , ormai allo stremo, furono tirati a bordo.

Sul mare galleggiano supini i cadaveri di molti uomini e di due o tre donne.

La corrente lentamente li allontanava dal rimorchiatore.

Carmelo rimase disteso sulla tolda per qualche minuto per riprendersi mentre i suoi compagni ricoprivano con delle coperte i tanti naufraghi imbarcati.

L’indomani per Carmelo iniziava la settimana di riposo e come al solito partì per Catania verso la casa nella quale abitava con i suoi genitori.

La prima notte però non riuscì a dormire. La gran paura provata, si disse e si rigirò per tutta la notte nel letto.

La seconda notte non riuscì lo stesso ad addormentarsi ma stavolta gli giravano davanti gli occhi neri e profondissimi della donna che aveva salvato dalle acque.

Non capiva questa cosa ma quando anche la notte successiva rivide davanti a sé quegli occhi al mattino si alzò dal letto, inventò una scusa per i suoi genitori e partì per Agrigento dove sapeva essere stati ricoverati nel locale ospedale i naufraghi di venerdì notte.

Giunto davanti al grande ospedale si fermò instupidito.

Di chi avrebbe dovuto chiedere, come era possibile trovare la donna ed il suo bambino in quel grande ospedale ?

Fece come per tornare indietro ma le gambe invece lo sospinsero verso l’interno dell’ospedale.

Chiese in portineria dei naufraghi e quelli gli risposero che nel corso della settimana ne avevano ricoverati circa ottanta tra uomini, donne e bambini.

Altri trenta non ce l’avevano fatta ed ora erano stesi su delle lettighe all’obitorio.

Carmelo scoraggiato stava per andarsene quando in fondo al corridoio gli parve di intravedere in un infermiere un viso conosciuto. Si avvicinò e riconobbe un suo vecchio compagno delle medie. Si abbracciarono festosi.

L’infermiere gli disse che le donne recuperate il venerdi della settimana prima erano al secondo piano al reparto donne.

Quì vide una lunga fila di porte e chiese ad una infermiera dove fossero ricoverate la madri con i rispettivi figlioli.

Gli fu indicata una stanza con sei letti.

Carmelo si affacciò alla porta e vide spuntare dal bordo di un lenzuolo candido tirato fin sul naso due occhi neri che lo guardavano.

Non ebbe dubbi lui né li ebbe la donna.

Si avvicinò fece una carezza al bambino, disteso accanto alla madre, e si strinsero le mani. La donna con una forza che non si sarebbe mai sospettata. Come se ancora una volta si stesse aggrappando a lui.

Continuavano a guardarsi fissi negli occhi senza parlare, gli occhi di entrambi pieni di lacrime.

Negli occhi intensissimi di lei parve a Carmelo di vedere tutte le profondità del mare , tutte le profondità del Mediterraneo.

Sentì confusamente di avere trovato la donna della sua vita e con lei anche un figlio.

 

 

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